Messaggio del Superiore Provinciale - Mese di Maggio 2020


Prot. C98/2020                                                                                                   Napoli, 30 Aprile 2020




MAGGIO MESE DI MARIA


Carissimi Confratelli,
Maggio è da sempre il mese mariano, secondo una tradizione con la quale si intende rendere omaggio alla singolare Vergine di Nazareth di nome Maria (cfr. Lc 1,26-27), che, fidandosi del disegno di Dio su di lei, è diventata la più benedetta fra le donne (cfr. Lc 1,42). Maria, in questo suo Sì a Dio, si è aperta alla potenza dello Spirito santo che « fa nuove tutte le cose » (cfr. Ap 21,5), ed è divenuta capace di accrescere in sé così tanto la vita, da poterla comunicare all’intera umanità, trasformandosi nella « madre dei viventi » (Lumen gentium, n.56, §2; CCC n.511).
Ma se è vero che “di Maria non si dice mai abbastanza”, forse a volte ci vuole anche il pudore di tacere, perché, pur animati da riconoscente amore, spesso si tende a esagerare, ad attribuire a Maria, che è pur sempre una creatura, anche se sublime, un ruolo che non le compete, e a trasformarla in una dea, degradando la devozione in idolatria.
Per questo la Chiesa insegna che la vera devozione a Maria non consiste « in una vana credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo spinti all’imitazione delle sue virtù » (Lumen gentium, n.67). E la virtù per eccellenza, quella che ha reso grande la Madonna, è la fede. Maria si è fidata, ha creduto veramente che « nulla è impossibile a Dio » (Lc 1,37).
La Vergine di Nazareth ha saputo accogliere in lei il disegno del Creatore, che voleva, attraverso questa creatura, realizzare qualcosa di nuovo, originale, inedito. Maria è segno tangibile di quel che Dio può realizzare con ogni creatura che non metta ostacoli alla potenza del suo amore. La fede di Maria, alla quale ogni credente tende, è pertanto quella di fidarsi di un Padre che ha a cuore il bene dei suoi figli, e per questo trasforma ogni evento della vita, anche quelli più negativi, come questo momento storico di pandemia, in opportunità di crescita e occasione di ricchezza.
Ma non è stato facile per Maria credere, fidarsi. Il suo cammino è stato un percorso doloroso, fatto di sofferenza e difficoltà. La sua intera esistenza fu all’insegna dell’incomprensione e del dolore (cfr. Redemptoris Mater, 16), senza alcun privilegio dal cielo, che la potesse far sentire una creatura privilegiata, inimitabile. Infatti, molti Padri della Chiesa, da sant’Atanasio a sant’Epifanio, da sant’Agostino a san Cirillo d’Alessandria, si riferivano a lei come a una sorella nella fede, e il papa san Paolo VI, rilanciò questo titolo di Maria come sorella a conclusione del Concilio Vaticano II, il 21 novembre 1964 (Paolo VI, Discorso conclusivo della III sessione del Concilio Vaticano II, n.34). Purtroppo, nel corso dei secoli, la venerazione per la Madre di Gesù, si sono mescolate devozioni e superstizioni, intrufolate tradizioni e credenze che poco o nulla avevano a che fare con il Vangelo. Così il messaggio trasparente della Buona Notizia è stato inquinato e ha offuscato il volto della Madre di Cristo. Per questo il Concilio Vaticano II richiama « i teologi e i predicatori della parola divina ad astenersi con ogni cura da qualunque falsa esagerazione, come pure dalla grettezza di mente nel considerare la singolare dignità della Madre di Dio » (Lumen gentium, n.67), perché « la vera devozione non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa quale vana credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo spinti a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo portati al filiale amore verso la Madre nostra e all’imitazione delle sue virtù » (Benedetto XVI, Angelus, León, Parco Expo Bicentenario, 25 marzo 2012).
Come Religiosi camilliani siamo chiamati dunque, ad imitare le sue virtù, a incarnare una vera e autentica devozione, di annullare tutte quelle forme in cui sono « soggette all’usura del tempo, appaiono bisognose di un rinnovamento che permetta di sostituire in esse gli elementi caduchi, di dar valore a quelli perenni e di incorporare i dati dottrinali, acquisiti dalla riflessione teologica e proposti dal Magistero ecclesiastico » (Paolo VI, Marialis cultus, n.24).
A conclusione possiamo affermare che siamo chiamati ad andare alla scuola di Maria, per lasciarci introdurre alla contemplazione della « bellezza del volto di Cristo e all’esperienza della profondità del suo amore » (Giovanni Paolo II, Rosarium Virginis Mariae, n.1) attraverso la più semplice preghiera, che di generazione in generazione, i nostri padri hanno posto nelle nostre mani, la recita del Rosario, la semplice preghiera dal cuore cristologico. Che risuoni nel nostro cuore, in questo tempo di pandemia, ancora più potente le dolci parole della Supplica alla Madonna di Pompei:
« O Rosario benedetto di Maria, Catena dolce che ci rannodi a Dio, vincolo d’amore che ci unisci agli Angeli, torre di salvezza negli assalti dell’inferno, porto sicuro nel comune naufragio, noi non ti lasceremo mai più.
Tu ci sarai conforto nell’ora di agonia, a te l’ultimo bacio della vita che si spegne. E l’ultimo accento delle nostre labbra sarà il nome tuo soave, o Regina del Rosario di Pompei, o Madre nostra cara, o Rifugio dei peccatori, o Sovrana consolatrice dei mesti.
Sii ovunque benedetta, oggi e sempre, in terra ed in cielo.
Amen ».

Con i sentimenti di grande gioia vi abbraccio fraternamente e chiedo la vostra benedizione e preghiera.
Il Superiore Provinciale
Padre Rosario Mauriello M.I.