Relazione del Superiore Provinciale Fratel Carlo Mangione all'assemblea provinciale di inizio mandato
Inizio di Ministero del
Superiore Provinciale
e
Assemblea della Provincia Siculo-Napoletana
29 Giugno 2022 - Istituto Giovanni XXIII –
Mangano di Riposto
“Se
vuoi andare in fretta va’ da solo, se vuoi andare lontano va’ insieme”
Con queste parole, il
superiore generale P. Pedro Tramontin, appena eletto, si è rivolto a tutti i
capitolari; parole molto illuminate e
illuminanti, che mi sembrano assai preziose oggi anche per noi, che iniziamo un
nuovo cammino provinciale.
Ogni volta che nella nostra
provincia ha inizio un nuovo mandato, c’è sempre un sano movimento
interiore ed esteriore: aspettative, desiderio di cambiamento, di miglioramento
o realizzazione di quanto ognuno di noi custodisce nel proprio cuore - per qualcuno - perfino, timore che qualcosa possa cambiare… Questo
coinvolge un po’ tutti, chi più e chi meno…ed è segno di vita e di
dinamicità.
Una delle tante mozioni capitolari approvate negli anni scorsi
stabilisce che in occasione dell’inizio del mandato del Superiore provinciale,
si convochi un’assemblea con il maggior numero dei religiosi.
Lo scopo di questa mozione è far si che il nuovo superiore provinciale,
introduca con una sua riflessione, qualche indicazione programmatica, che, accompagnata
dal dialogo fraterno e dal confronto arricchente di ognuno, porti a definire le
linee del programma, insieme al consiglio provinciale, per la durata del mandato.
In tal senso, mi accingo
adesso a manifestarvi alcuni pensieri, un pò sparsi, per entrare in dialogo con
tutti voi.
Gratitudine Sincera a P. Rosario.
Vorrei, prima di tutto, esternare i
sentimenti di gratitudine al carissimo P. Rosario che per ben nove anni ha
guidato la nostra provincia. Due mandati, prolungati dai motivi pandemici che tutti
ben conosciamo.
E’ un primato unico nella storia della nostra
provincia. Il mandato non è stato solamente lungo ma anche sofferto, tanto
sofferto, dal 5 novembre 2013 alle varie problematiche di natura economico – finanziaria
(eravamo giunti sul baratro del fallimento), alle problematiche legate alle fragilità
della natura umana di tutti noi, che, prima ancora di essere religiosi, siamo
uomini.
Tra gli eventi più dolorosi vorrei
ricordare la morte tragica di fratel Leonardo Grasso, il nostro Leonardino, che
tanta sofferenza e sconcerto ha causato in tutti noi. Molti di noi sentono la
mancanza di questo confratello originale e non conformista, che sapeva dare un
contributo di pensiero non scontato alle nostre riflessioni facendo della sua
vita un dono d’ amore fino all’ effusione del sangue, nonostante le fragilità e
i peccati che sono proprio della natura umana.
Pur
nel terreno del dolore e della sofferenza, il Signore, come sempre e come solo
Lui sa fare, ha seminato abbondantemente.
I frutti di questa semina sono sotto
gli occhi di tutti: mi riferisco ai nostri giovani in formazione; consolazione e
speranza già oggi del nostro presente e del nostro futuro. Loro ci ricordano
continuamente che il grande carisma del nostro padre San Camillo è vivo e,
ancora oggi, affascina e seduce giovani e meno giovani!
E’ questa la gioia più grande che
loro ci trasmettono con la testimonianza della loro vita donata. Vi invito
fortemente, a non vederli come “forza
lavoro” per le nostre attività apostoliche, ma come fratelli che si uniscono a
noi, ci fanno dono del loro prezioso
contributo di riflessione, di rinnovamento e di aggiornamento, e apportano le
novità inedite dello Spirito Santo; rendono grande questa nostra piccola
famiglia, unita dal Vangelo della carità, secondo il carisma vissuto dal nostro
fondatore.
Grazie
P. Rosario per la fiducia che ci hai dato, sia come consiglio provinciale e sia,
a livello personale, nel campo amministrativo e formativo; senza mai interferire
né prevaricare. Grazie di vero cuore perché questa tua dote non è ne scontata né
facile. Personalmente spero di farne grande tesoro.
Ho
voluto iniziare questo mio intervento, con il lavoro che è stato fatto fino ad
oggi, per ribadire una sostanziale continuità, soprattutto, riguardo il risanamento
economico, che nel giro di qualche anno dovrebbe essere totalmente risanato. Vorrei non ritornare più su questo
argomento di economia; e nello stesso tempo ribadire con molta forza che a
niente vale il risanamento economico delle nostre opere e strutture se non
risaniamo, dove è necessario farlo, i nostri rapporti personali, interpersonali
e comunitari.
Mi collego al pensiero di P. Frank
Monk, ex superiore generale, che mi accompagna quotidianamente.
Lui affermava: IL VERO PATRIMONIO DEL NOSTRO ISTITUTO SONO I CONFRATELLI.
Quindi
le cose importanti e vitali non sono né le cose, né le case belle, comode,
rimodernate o i conti attivi in banca: ma le
persone, i confratelli.
Mi permetto di aggiungere: i poveri, i malati e i sofferenti e chi
nella vita resta indietro. Senza
di loro la nostra vocazione camilliana sarebbe svuotata nella sua essenza.
Confratelli, malati, poveri e sofferenti, siamo chiamati ad essere una
grande famiglia.
Ognuno è essenziale all’ altro.
Ognuno é chiamato a custodire e proteggere con tenerezza e amore ogni altro.
Questo
deve essere un punto fermo del nostro vivere in comune ma soprattutto della
nostra fraternità. A poco servono gli atti comuni se non alimentano la vita
fraterna tra di noi, nella singola comunità locale o nella provincia.
Tutto questo deve favorire e
concorrere alla nostra totale donazione al servizio. Solo così potremo essere totalmente
“consumati” per i nostri Signori e
padroni.
Ognuno
di noi è chiamato a dire a se stesso: “sono entrato nella vita religiosa non
per la mia personale autorealizzazione, non per la mia gratificazione umana e
pastorale, ma sono entrato, e soprattutto ci resto, perché questo è il luogo
pensato da Dio perché qui io impari ad amare.
Amando renda lode e gloria a Dio.
La mia santificazione passa attraverso
l’offerta della mia vita a Dio, nel servizio ai fratelli, nella provincia e nell’
Ordine e, quindi, nella Chiesa, dove offro, metto a disposizione di tutti, tutto
ciò che sono e tutto ciò che ho, in doni e carismi e perche no, anche l’
offerta delle mie sofferenze. Attenti al rischio, nel quale, Dio non voglia, potremmo
cadere: essere degli atei praticanti.
La domanda cruciale che ognuno di
noi deve fare a se stesso è:
PER CHI sono entrato nell’ Istituto?
PER CHI ci resto?
E non, come facilmente siamo tentati
di chiederci: “Perché restare?”.
“Io
so in chi ho posto la mia fiducia”, direbbe San Paolo
Se
non teniamo presente ogni giorno e ogni momento questa domanda fondamentale nella
nostra vita, saremo, come diceva San Camillo: “Asini macilenti coperti da una bella gualdrappa”. Capaci di
realizzare, anche grandi iniziative che manifestano l’ ipertrofia dell’ Io e
non l’amore per le cose di Dio.
Non
pensate che sono qui a “pontificare” cose perché bisogna dirle.
Anzi, a volte, non dirle potrebbe
rendere la persona più gradita e popolare.
Vi parlo da fratello, tra fratelli: siamo
chiamati a volerci bene, a volere il bene l’ uno dell’ altro per realizzare il
BENE, attraverso le opere di bene.
Tutto questo si potrà compiere solo se
attingeremo ogni grazia e ogni dono dal Sommo e Unico Bene, Gesù misericordioso,
immagine viva del Padre comune.
Siamo
chiamati ad amare la nostra vocazione nella fraternità in cui viviamo, la
nostra provincia e le altre sparse nel mondo.
La nostra vocazione, il ruolo e il servizio
che svolgiamo sono gli strumenti che ci abilitano all’Amore.
La nostra santità passa attraverso
tutto quel che facciamo e siamo: il servizio di superiore, di parroco o di amministratore,
di economo o di formatore, i luoghi e le persone, proprio TUTTO … perciò, dobbiamo
amare, imparare ad amare ogni giorno, senza tentennamenti e senza risentimenti,
ma intensamente, infinitamente, tutto questo.
In
una sola parola siamo chiamati ad Amare.
Siamo qui per amore, siamo qui per amare. Ma cosa significa amare da credenti?
Perche questi siamo, credenti, prima
ancora che consacrati “predicatori” ordinati o non ordinati!
Condivido, con voi, molto volentieri
le parole di Charles de Foucauld
canonizzato lo scorso 15 Maggio:
“ L’ amore consiste non nel sentire che si ama, ma nel voler amare; quando
si vuol amare, si ama, quando si vuole amare sopra ogni cosa, si ama sopra ogni
cosa. Quando si ama si imita; quando si ama si guarda il Beneamato e si fa come
lui; quando si ama, si trova tanta bellezza in tutti gli atti del Beneamato, in
tutti i suoi gesti, in tutti i suoi passi, in tutti i suoi modi di essere.”
II Cantautore Franco Battiato così affermava: “Non
è cosa facile amare le persone…cioè si parla di amore, così…calma! Amare vuol
dire non aspettarsi niente indietro. Se uno si aspetta una cosa, non è più
amore. E’ quel dare senza neanche farsene accorgere. Allora sì che ha senso” . Quanto
profumo di Vangelo in queste parole di Battiato!
L’Amore
non ha altra ragione che l’amare, direbbe S. Agostino: “Amo perché amo!” e
perciò, può affermare: “Ama e fa’ ciò che vuoi!”
Dobbiamo
combattere una grande tentazione vocazionale che riguarda tutti, giovani e meno
giovani, che è quella di pensare che si potrebbe essere felici se le condizioni
fossero come diciamo noi, nei posti dove diciamo noi e con le persone che
diciamo noi. Non è cosi! Noi siamo chiamati a fiorire in ogni posto e in ogni
situazione. Dove ci sono fratelli ammalati, sofferenti, poveri e confratelli, li possiamo e dobbiamo essere
segno e strumento dell’ amore di Gesù e di san Camillo.
Siamo
chiamati a Vivere il servizio senza rassegnazione o protagonismo. Non siamo
chiamati a mettere Gesù al centro (Lui è già al suo posto, che sicuramente è
quello giusto, quello che gli spetta), ma toglierci noi dal centro, per fare
agire Lui. (Papa Francesco ai consacrati)
Chissà
quante volte diciamo queste cose belle e convincenti nelle omelie, nelle
catechesi, nella direzione spirituale, ecc… ma credetemi, dopo quasi 40 di vita
religiosa, mi convinco sempre di più, che non siamo chiamati a trasmettere
quello che sappiamo ma quello che abbiamo sperimentato nella nostra vita, sulla
nostra pelle. La gente si accorge di questo, come noi stessi ci accorgiamo di
questo, tra di noi.
In
questo triennio avremo modo di dirci tante cose e, una volta nominati i
consiglieri provinciali, possiamo programmare la vita della provincia, in tutte
le sue dimensioni: formativa, ministeriale ed economica. Ascoltando la base,
sin da oggi con questa assemblea, riprendendo le cose decise dagli ultimi
capitoli provinciali, e se si ritenesse utile e fruttuoso, si potrebbe
celebrare un capitolo provinciale straordinario. Scelte queste da riflettere
bene e condividere insieme tra di noi e con il consiglio provinciale che mi
sarà dato.
La
nostra costituzione e le disposizioni generali devono essere la nostra bussola,
i nostri binari sui quali camminare
nella programmazione della vita della provincia. Tutto questo non per un
legalismo farisaico e opprimente, ma per garantire armonia e fraternità. La
costituzione è la carta di identità di quello che siamo chiamati ad essere e a
fare. E’ una garanzia spirituale e di fraterna per tutti.
Aver
indetto l’ anno della costituzione aveva questo significato e scopo. Non so se
ci siamo riusciti a realizzare questo obbiettivo, sicuramente potevamo fare
molto molto di più….
Desidero
soffermarmi, ora, sull’ articolo 105 della Costituzione, che riguarda il
compito del Superiore Provinciale:
Il superiore provinciale promuove le
attività apostoliche della provincia, l’esercizio della carità fraterna, l’
osservanza regolare, e provvede con particolare cura alla pastorale vocazionale
e alla formazione. Assiste i superiori locali nell’ adempimento del loro
compito, evitando tuttavia di subentrare nelle loro competenze.
Quanta
chiarezza e quanta ricchezza in queste poche parole! Qui è tracciato il cammino
che tutti, e non solo il superiore provinciale, siamo chiamati a percorrere e
realizzare.
1.
Promuovere le attività apostoliche
Se
riflettiamo sulla varietà ministeriale che abbiamo in provincia, veramente si
resta gioiosamente sorpresi, se relazionata al numero di religiosi.
Cappellanie, opere nostre, centri di accoglienza per gli ultimi, che poi sono i
primi nel cuore di Dio, parrocchie e rettorie, Missioni camilliane
parrocchiali, assistenza domiciliare, attività pastorali ecc…. provate per un
attimo a immaginare quanta gente è destinataria del nostro ministero, della
nostra presenza; migliaia di persone, migliaia dico e non centinaia. Personale
delle nostre opere, fcl, volontari, operatori sanitari e fedeli laici.
Ecco
cosa siamo chiamati a curare e promuovere. E possiamo farlo solo se siamo
“piromani” dell’ amore di Gesù e di San Camillo. Se siamo gioiosi ed entusiasti
della nostra vocazione. Se bruciamo di amore per il carisma di Camillo e così
essere accompagnati dalla sua sana inquietudine che lo portava ad avere la
percezione che era sempre poco quello che faceva per i poveri e gli ammalati
tanto da invocare la possibilità di avere “centro braccia”. Le cento braccia di
San Camillo sono i laici che oggi ruotano, a vario titolo, nelle nostre
comunità.
2.
L’ Esercizio della Carità fraterna.
Come
si promuove l’ esercizio della carità fraterna? Provo a indicare solo alcuni
elementi:
-
Il dialogo: aperto, schietto, rispettoso e
sincero, desideroso di comprendere la verità attraverso il confronto
interpersonale, il discernimento comunitario.
-
La correzione fraterna fatta con criteri che devono
aiutare a migliorarci e migliorare i nostri rapporti interpersonali, comunitari
e le diverse situazioni. Non vomitiamoci
le cose addosso con scatti di impulsività e d’ira che lasciano l’amaro in bocca
a tutti peggiorando le cose ancor di più.
-
Coltivando la vita spirituale: preghiera personale e comunitaria,
i momenti di ritiro e di fraternità e tutte quelle cose che la costituzione ci
suggerisce.
Nella vita religiosa non ci si
sceglie, ma ci si accoglie! Quanto mi fa male sentire dire: “Lì ci andrei, ma
non con quello…”, veramente mi fa molto male sentire questo, non è un
atteggiamento cristiano, prima ancora che religioso. E se gli altri dicono nei
miei confronti la stessa cosa? Come ci resto?
Sono
sinceramente convinto che con un cammino spirituale serio e impegnato, saremo
capaci di superare queste “piccole” difficoltà. Un cammino all’insegna della
“leggerezza”. Dobbiamo recuperala molto questa leggerezza evangelica. Gesù nel
Vangelo non è stato mai “pesante” ma anzi ha sferzato scribi e farisei quando
volevano rendere pesante la vita degli altri.
3.
Provvede con particolare cura alla
pastorale vocazionale e alla formazione.
Il
superiore provinciale è il primo animatore vocazionale della provincia.
Aggiungerei, ad intra e ad extra, e a volte, dove e con chi è necessario, anche RI-animatore vocazionale.
Mi
ha sempre colpito che la costituzione affidi al superiore provinciale questo
compito specifico invitandolo a farlo “con
particolare cura”. Ma riflettendoci bene, non potrebbe essere diversamente.
L’animazione vocazionale e la formazione non sono una mera propaganda o
programmazione, ma sono un CONTAGIARE la vocazione e l’esperienza gioiosa che
ne facciamo ogni giorno. Il provinciale apre la fila, ma tutti siamo chiamati a
testimoniare e trasmettere la vocazionale camilliana per contagio. Chi ci
collabora sente la nostra gioia vocazionale o sente le nostre lamentele,
critiche insoddisfazioni, frustrazioni,
fatiche ecc…?
Questo
dovrebbe avvenire per ogni religioso e in tutte le comunità del territorio
provinciale. Quando dico tutte includo le comunità e i confratelli del
Benin-Togo. Caserta, Borgo Mezzanone, II policlinico di Napoli. Queste realtà
sono una presenza preziosa in luoghi dove non siamo mai stati o dove non
potevamo assicurare più la nostra presenza. Mi auguro di vero cuore che ci
possa essere un coinvolgimento dei confratelli del Benin-Togo nei segretariati
provinciali in modo particolare quello del ministero e dell’ animazione
vocazionale. Siamo sullo stesso territorio, viviamo il medesimo ministero
camilliano, incontriamo giovani e non possiamo non confrontarci e collaborare.
E’ sempre bello, poi, condividere
anche gli appuntamenti come i ritiri, gli esercizi spirituali e i momenti di
fraternità. Spero tantissimo che questi aspetti si possano intensificare ancora
di più rispetto al passato, coinvolgendo più confratelli.
Non vorrei sembrare idealista,
romantico né tanto meno poetico, ma dinanzi alle fatiche della vita religiosa,
che indubbiamente ci sono, dobbiamo imparare a vedere il bicchiere mezzo pieno
piuttosto che mezzo vuoto; dinanzi alle sofferenze che a volte patiamo per un
confratello o una situazione, dovremmo riflettere che anche noi siamo causa di
sofferenza per gli altri. E’ necessario spezzare questo circuito vizioso che
facilmente ci fa scivolare nel vittimismo e nella scontentezza.
Ecco
allora perché tornare sempre alle radici e alla bellezza della vocazione, fare
memoria con la mente dei battiti primordiali del nostro cuore, pensando quando siamo
entrati nell’ Istituto, i primi incontri, le prime cose che abbiamo spiritualmente
sentito dentro. Lì dobbiamo tornare con la mente, con il cuore e con tutto il
cuore, al primo “SI” all’invito del Signore ad Amare come Lui, insieme a Lui,
nel Suo nome e per la sua Gloria..
Vorrei condividere con tutti voi un
piccolo timore. I numeri esigui dei religiosi in provincia, non mi hanno mai né
spaventato né preoccupato, ciò che mi da’ pensiero è la fatica che si fa a
lasciare il posto nel quale si è stati per tanti anni pensando che fuori da
quel luogo non possiamo dare o fare niente.
La mia personale esperienza dice
proprio il contrario, il cambiamento spesso è rigenerante per la persona, per
la comunità che si lascia e per quella in cui si va.
Tranquilli,
non ho nessuna voglia o fantasia di fare cose bizzarre o distruggere quanto
tanti di voi hanno costruito con tanta passione e sacrificio sempre con il mandato
ricevuto dai superiori.
Aiutate, quindi, il consiglio
provinciale a fare discernimento. La prima fase sarà di grande ascolto, però vi
prego all’ascolto uniamo anche la disponibilità e predisponiamoci a lasciare
che lo Spirito soffiando su di noi, c’ispiri a fare sempre cose belle e buone
ovunque andiamo!
Prima
di avviarmi alla conclusione desidero annunciare, con grandissima gioia, che
una mozione presentata all’ultimo capitolo generale, da parte del consiglio provinciale precedente, è stata approvata e riguarda la celebrazione di un anno giubilare
camilliano per i 450 della conversione di San Camillo 1575-2025.
L’
anno giubilare deve vederci tutti impegnati come provincia per offrire degli
itinerari di fede con celebrazioni ai pellegrini di tutto il mondo camilliano e
non.
Se tutta la provincia è coinvolta,
la comunità di Macchia insieme al consiglio provinciale, saranno direttamente
coinvolti nella preparazione e celebrazione di quest’anno speciale che deve
essere l’ occasione per far conoscere sempre di più San Camillo e il suo
messaggio di misericordia.
Certo, cammineremo insieme alla
consulta generale, ma i luoghi della conversione: ara votiva della Valle dell’
inferno, chiesa di San Domenico, cimitero di Manfredonia e il monumento alle vittime
del covid-19 a Macchia, saranno questi i luoghi privilegiati dove i pellegrini
possono sostare per dei momenti di preghiera e di riflessioni attraverso
catechesi ben pensate e preparate coinvolgendo laici e religiosi anche fuori
della nostra provincia.
E’ superfluo dire che i luoghi di
Padre Pio a San Giovanni Rotondo e di San Michele Arcangelo, a monte
Sant’Angelo, insieme a quelli di San Camillo, devono diventare mete di
pellegrinaggi del mondo camilliano, coinvolgendo le diocesi italiane. A questo
proposito la conferenza episcopale italiana, attraverso l’ufficio della
pastorale della salute, si aspetta da tutti noi camilliani, una forte spinta
per le missioni parrocchiali per i malati.
Vorrei
concludere citando una frase di Giovanni XXIII: “bisogna ricordare ai giovani, che il mondo esisteva già prima di loro;e
ricordare ai vecchi che esisterà anche dopo di loro”.
Vorrei parafrasare questa frase,
rivolgendola a me stesso: “Bisogna ricordare
ai Superiori Provinciali che la provincia esisteva prima di loro ed esisterà
anche dopo di loro”.
Vi chiedo due intenzioni di
preghiera!
La
prima per me affinché resti quello che sono, (chissà perché molti mi hanno detto questa cosa). Io
dico, spero di diventare quello per cui Dio mi ha voluto, quello che devo
essere. Quindi devo migliorare e non peggiorare nelle virtù cristiane e
religiose, custodendo con amore e coltivare con passione il desiderio di
camminare insieme, in fraternità e sempre nella gioia. In fondo il cammino
sinodale che la chiesa sta vivendo è lo stile specifico di sempre della vita
religiosa. La vita religiosa è sempre in cammino sinodale.
La
seconda preghiera é per voi. Vi chiedo di compiere un gesto nascosto, da soli,
davanti al Santissimo e dire: Gesù voglio pregarti per….e dite il nome a voce
alta (ma prima accertatevi che
nessuno stia ad ascoltare) del
confratello per cui si vuole pregare e col quale si fa fatica a stare insieme.
Diciamogli: Gesù aiutaci a ricomporre la comunione e la fraternità.
Pronunciare davanti a Gesù il nome
di questo confratello con il quale fatichiamo ci permetterà di sciogliere tutto
quello che di negativo c’è dentro di noi. E se ognuno farà questo esercizio ne
sono certo si ricomporrà la comunione e l’ armonia tra noi tutti.
Invochiamo
su tutta la nostra provincia, in particolar modo sui confratelli ammalati e anziani
e sui giovani in formazione, la benedizione di Gesù, buon samaritano, di Maria,
donna del servizio e di San Camillo, nostro grande padre nella vocazione, e
preghiamolo affinché il suo messaggio, le sue parole i suoi insegnamenti e le Mille benedizioni, possano essere l’abbondante
carburante per poter vivere la quotidianità e la ferialità delle nostre
giornate intrise di fatiche di gioie e di speranza.
Vivere in modo straordinario
l’ordinario, come se quell’azione fosse la più importante della nostra vita,
rendere, così, speciale ogni nostro gesto.
Tutto
e sempre per la gloria di Dio, nel servizio ai malati e ai poveri; via certa,
questa, della nostra santificazione per la gloria di Dio.
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