«Se dunque io, il Signore e il Maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri» (Gv13, 14)
Il Signore Gesù rivolge queste parole ai suoi dopo aver compiuto il grandioso gesto della lavanda dei piedi; con esso Egli ci consegna la verità più grande: che amare significa servire, e servire, regnare.
Chi vi è stato accanto in questi anni, sorelle carissime, è testimone del vostro servizio, nel quale avete incarnato con donazione totale questi insegnamenti di Gesù e il Suo Vangelo di Carità. In mezzo a noi, giovani in formazione, confratelli camilliani, amici della mensa di Acireale, poveri e ammalati tutti, siete state «sale dellaterra» e «luce del mondo».
Del tuo servizio, suor Purisima, portiamo con noi il tuo silenzio, la tua donazione disinteressata, il tuo nascondimento, il tuo desiderio di non apparire mai, la tua umiltà, la tua presenza costante nelle case degli infermi, in ospedale, la fedele distribuzione della santa Eucaristia, il tuo essere “lievito” nascosto nella pasta, quasi invisibile ad occhio nudo, ma fondamentale perché ci sia vera crescita.
Hai pienamente vissuto tra noi le parole del nostro santo padre Camillo, testimoniandoci che «la croce che portiamo sul petto significa che tutti noi, segnati di questa santa impronta, siamo come schiavi venduti e dedicati al servizio dei poveri infermi»
Di te, suor Tipy, custodiamo la tua capacità di abnegazione nel servizio, le ore intense trascorse, sin dal mattino presto, nei preparativi per i pasti nella cucina della mensa, la tua risata contagiosa, i formativi racconti delle tue esperienze di servizio e di missione, la dedizione e la materna cura per i fratelli ammalati nelle loro sofferenze fisiche che, con speciale attenzione, hai tentato di alleviare con tutte le tue forze.
La tua esperienza di sofferenza vissuta a causa del Covid non ti ha spenta, ma ti ha fatto sperimentare con potenza che «fatti buoni e perfetti maestri nel patire, sappiamo poi con più carità e compassione servire e compatire gli infermi». Questa esperienza di dolore ci ha toccati, ma lo ha fatto ancor di più la prontezza con la quale ti sei rimessa, giorno dopo giorno, al servizio di tutti.
La vostra presenza materna, la vostra delicatezza femminile, la tenerezza espressa nelle forme più svariate, le vostre attenzioni alle necessità nostre e dei poveri e sofferenti, ci hanno sostenuto e continuano a farlo, ci hanno testimoniato che la vita religiosa è viva, gioiosa, attuale, trasformante; ci avete insegnato, forse senza accorgervene, che, come san Camillo diceva, «gli infermi sono pupilla e cuore di Dio» e che quello che facciamo «a questi poverelli infermi, è fatto a Dio stesso».
In questi anni trascorsi insieme, abbiamo riconosciuto nella vostra vita le amorevoli volontà della vostra santa madre Maria Domenica Brun Barbantini, il cui unico scopo è stato quello di «visitare, assistere e servire il Dio umanato agonizzante nell’orto o spirante sulla croce nelle persone delle inferme povere e moribonde […] con un cuore tutto avvampante della carità di Cristo».
Grazie, sorelle, per l’amore che ci avete donato.
Grazie per la vostra testimonianza religiosa, cristiana, camilliana.
Grazie per i legami che avete saputo creare, in Cristo Gesù.
Grazie di vero cuore, perché senza il vostro esempio, oggi non saremmo gli stessi.
Grazie al Signore, al santo padre Camillo e alla santa madre Maria Domenica, per avervi amate, chiamate e inviate.
Mattia Zazzaro, postulante camilliano.
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