Roma, dal 7 al 10 novembre 2022 – Alla ricerca del carisma camilliano Lettera scritta nel cubicolo di San Camillo
Solo se lo vuoi, anche la morte può diventare vita.
Caro san Camillo, sperare, sperare e sperare: mi sa che non ho fatto altro nella vita perché non era importante quello che volevo diventare, ma quello che si è per Dio; e tu ne sei stato un esempio. Non mi è mai importato se mi hanno fatto sentire come uno scarto o se non c'è stato nessuno che non ha scommesso neanche un centesimo per me. Non mi è importato, l'aveva già fatto Dio per me! Nella tua storia impregnata di Dio, nessun secondo della vita, accanto a Lui, è stato sprecato. Così anch’io, innamorato del tuo esempio di vita, desidero non sprecare nulla di me: Dio mi ha riscattato e mi ha dato un'altra possibilità nel momento in cui decisi di afferrare la sua mano e permettere al suo essere Samaritano di versare l’olio sulle mie ferite e condurmi alla locanda. Lì ho capito che bisognava davvero voltare pagina. Prendere in mano il “coraggio della fede” e gridare prima di tutto a me stesso che la vita può cambiare. Così come facevi tu davanti al bisognoso. “Egli mi vide e si fermò”, e quella strada di peccato divenne via di amore e di speranza. Mi accorgevo che la mia vita nei suoi piccoli passi, come una preghiera implorava dicendo: “Signore, ho bisogno di sentire il tuo battito; il mondo con i suoi molteplici suoni ha otturato le mie orecchie e attutito il suono della tua voce”. Non è stato facile voltare pagina. Per vedere – come vedo oggi la vita –, ho dovuto prima non “vedere”. Da questa esperienza è avvenuto il miracolo più grande, che non era solo riprendere a vedere con occhi nuovi. Ma anche riuscire ad amarmi e non perseguitarmi: come Paolo, ho dovuto cadere da cavallo; trovavo la mia terapia nel fare e farmi del male, che umanamente rispondeva alle esigenze del mio io senza Dio; bastava guardarmi per capire chi e come ero. Non era la nudità del corpo, la ribellione creata dal peccato, ma l'aver perso Dio a rendermi insoddisfatto e non ha appagato. Ti confido che fu il suo silenzio a rapire la mia attenzione. Un'esperienza interiore che mi faceva vedere un barlume di speranza fino ad assorbire la mia vita: “allontanata da me e sporcata dalle cose del mondo”. Fino a quel giorno, fino al momento in cui quella mano forte, gentile, salda e allo stesso tempo tenera, toccò il mio cuore e il suo silenzio sovrastò il frastuono che albergava in me… non capivo che quel Gesù che avevo “bruscamente eliminato” era lì, con il suo silenzio ad aspettarmi pazientemente: “fu come una carezza che si trasformava in un pugno nello stomaco”. È stata un'esperienza formidabile rivedere – in pochi secondi – scorrere tutta la mia vita vissuta, e a fianco a essa quel Gesù – che avevo scartato – che ripetutamente mi rialzava da terra nel momento in cui cadevo. Ripeto, un'esperienza formidabile rivedere la sua Parola concretizzarsi in me e diventare storia vissuta, risanata e amata. Da nudo che ero, mi sono ritrovato con una veste nuova addosso. Fece uscire da me la cosa più bella: un battito che ritmava il canto dell'amore… Dio mi stava chiamando a esistere e a consegnargli la vita mettendo “più cuore nelle mani” nel momento in cui esse diventano dono per gli altri. Leggendo la tua storia e mettendomi davanti a quest’amore, senza contraccambi, non riuscivo più a scappare. I suoi piccoli segni concretizzati nella tua vita donata con i grandi silenzi di amore, mi facevano vedere la base sulla quale potevo iniziare a costruire una nuova vita, la stessa, ma su una roccia diversa: CRISTO IL BUON SAMARITANO. Ecco l'amore… una risposta che non ha bisogno di domande, ma di una vita che si abbandona totalmente. È stato impossibile nascondermi davanti a un Dio che mi desiderava e mi rendeva un figlio della sua misericordia, incoronato dal suo amore. In fine, mio caro san Camillo, mi lasciò senza fiato vedere quel Gesù che era sceso dalla croce – già da molto tempo – per curare le mie ferite, così come fece anche con te. Ora tocca a me, così come hai fatto tu, accogliere il suo amore che, come un Papà speciale, non mi aveva mai abbandonato. Ti chiedo d’intercedere affinché possa incontrarlo nelle piccole cose del mio quotidiano e in ogni cosa che mi circonda, e possa lasciare che la sua voce sottile, come un uragano, mi ricordi che sono un figlio amato, il regalo più bello. Oggi voglio vivere di Eucaristia e di Parola di Dio per raccogliere gli alimenti di cui ho bisogno, per amarlo senza misura, così come tu l’hai amato negli ammalati.
Elio D.
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