GIOVEDI SANTO, UNA GRANDE
FESTA PER TUTTI NOI
Carissimi confratelli,
il Giovedì Santo è una
grande occasione per tutti noi per richiamare alla memoria due, tra i più grandi doni d’amore che Gesù ha voluto
fare alla sua Chiesa e a tutti noi, fino alla fine del mondo: l’ Eucarestia e
l’Ordine Sacerdotale, e su questi poter meditare e approfondire il loro valore
e la nostra responsabilità, che fa scaturire dal nostro cuore la gratitudine e
la gioia.
Ai confratelli “ordinati”
dico un grande GRAZIE per il servizio camilliano sacramentale.
Voi Sacerdoti avete una
grazia che non è per voi ma per la gente, per il popolo, per i malati e i
sofferenti, di poter donare resurrezione a quanti si accostano al sacramento
della Riconciliazione. E non solo! Attraverso l’ unzione degli infermi e il
viatico, voi donate sollievo e conforto
nella malattia, date forza nel sostenere il grande viaggio verso la vita senza
fine.
Don Tonino Bello dedicava
una bellissima riflessione, STOLA E GREMBIULE, a tutti i Sacerdoti. Per tutti
noi, figli di S. Camillo, padri e
fratelli, il grembiule resta il “paramento” sacro che ci accomuna tutti e siamo
chiamati ad indossarlo con gioia e generosità, nella ordinarietà delle nostre giornate, feriali e festive.
Auguri, cari confratelli
sacerdoti e auguri a ciascuno di noi che con il battesimo e la consacrazione
camilliana esercitiamo il sacerdozio regale!
Una buona lettura di
queste forti e pregnanti parole di don Tonino scritte più di 30 anni fa e che
ancora oggi risuonano attuali ed evangeliche.
Fratel Carlo Mangione
Superiore Provinciale
P.S. Di seguito la lettera-riflessione di Don
Tonino Bello
Stola e Grembiule di Don Tonino Bello
Il
diritto e il rovescio dell’unico panno di servizio
sacerdotale
“
Forse a qualcuno può sembrare un'espressione
irriverente, e l'accostamento della stola col grembiule può
suggerire il sospetto di un piccolo sacrilegio.
Si,
perché di solito la stola richiama l'armadio della sacrestia, dove con tutti
gli altri paramenti sacri, profumata d'incenso, fa bella mostra di sé, con la
sua seta ed i suoi colori, con i suoi simboli ed i suoi ricami. Non c'è novello
sacerdote che non abbia in dono dalle buone suore del suo paese, per la prima
messa solenne, una stola preziosa.
Il
grembiule, invece, ben che vada, se non proprio gli accessori di un lavatoio,
richiama la credenza della cucina, dove, intriso di intingoli e chiazzato di
macchie, è sempre a portata di mano della buona massaia. Ordinariamente non è
articolo da regalo: tanto meno da parte delle suore, per un giovane prete.
Eppure è l'unico paramento sacerdotale registrato dal vangelo. Il quale
vangelo, per la messa solenne celebrata da Gesù nella notte del Giovedì Santo,
non parla né di casule, né di amitti, né di stole, né di piviali.
Parla
solo di questo panno rozzo che il Maestro si cinse ai fianchi con un gesto
squisitamente sacerdotale.
Chi
sa che non sia il caso di completare il guardaroba delle nostre sacrestie con
l'aggiunta di un grembiule tra le dalmatiche di raso e le pianete di camice
d'oro, tra i veli omerali di broccato e le stole a lamine d'argento!
La
cosa più importante, comunque, non è introdurre il "grembiule"
nell'armadio dei paramenti sacri, ma comprendere che la stola ed il grembiule
sono quasi il diritto ed il rovescio di un unico simbolo sacerdotale. Anzi,
meglio ancora, sono come l'altezza e la larghezza di un unico panno di
servizio: il servizio reso a Dio e quello offerto al prossimo. La stola senza
il grembiule resterebbe semplicemente calligrafica. Il grembiule senza la stola
sarebbe fatalmente sterile.
Nel
nostro linguaggio canonico, ai tempi del seminario, c'era una espressione che
oggi, almeno così pare, sta fortunatamente scomparendo: "diritti di
stola". Forse bisogna riscoprire
nostro vocabolario sacerdotale: "doveri di grembiule"!
Speriamo
che i seminari formino i futuri presbiteri ai "doveri di grembiule"
non solo con la stessa puntigliosità con cui li informavano sui "diritti
di stola", ma con la stessa tenacia, col medesimo empito celebrativo e con
l'identico rigore scientifico con cui li preparano ai loro compiti liturgici.”
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